martedì 17 gennaio 2012

L'Isola della rabbia

 

Sardegna: le proteste contro gasdotto e radar anti immigrati.

di Antonietta Demurtas
Sardegna, una delle isole più belle del Mediterraneo diventa la Regione italiana più verde. Di rabbia. Infranto il sogno berlusconiano di Costa Turchese, il mega villaggio a Sud di Olbia, ville e alberghi su 500 ettari e porto turistico per 2 mila imbarcazioni, la terra dei Quattro mori è alla canna del gas e grida vendetta. Ed è dal progetto del metanodotto Galsi che si apre il nuovo capitolo di lotte per difendere il territorio e la salute dei cittadini sardi.
AUTOSTRADA DEL GAS SOTTO L'ISOLA. «L'autostrada della morte», così Claudia Zuncheddu, consigliere regionale indipendentista definisce il gasdotto da costruire tra l'Italia e l'Algeria, destinato ad attraversare la Sardegna da Sud a Nord-Est per 272 chilometri. Da Olbia proseguirà poi sui fondali del Mar Tirreno fino a Piombino in Toscana, dove può allacciarsi alla rete nazionale.

Un comitato per opporsi alla costruzione del metanodotto

Contro il metanodotto, che giovedì 22 dicembre ha ricevuto il via libera dal governo, nella conferenza di servizi fra Stato, Regione ed enti interessati, lotta da tempo il comitato No Galsi, nato a Olbia nei mesi scorsi. E il 29 dicembre ha organizzato l'ennesima manifestazione a Cagliari. Tema del dibattito: Galsi, un tubo senza ritorno, a cui hanno partecipato non solo sardi come Sandro Martis del comitato No gasdotto o Gavino Sale dell'Indipendèntzia Repùbrica de Sardigna, ma anche Nilo Durbiano, sindaco di Venaus, in provincia di Torino e promotore del comitato No Tav in Val di Susa, Margherita Pagliaro e Raffaella Spadaro del comitato No al ponte sullo stretto di Messina. Tutti uniti per riflettere e ribadire il loro no. Dopo la visione del documentario-inchiesta sulla Galsi dal titolo Ecran de fumèe (Cortina di fumo), prodotto da France 3, i manifestanti hanno infatti messo in guardia da una progetto che una volta avviato potrebbe creare problemi infiniti e compromettere l'ecosistema dell'isola.
VENT'ANNI DI LAVORO PER CINQUE DI GAS. La «Grande muraglia», come scrivono i componenti dell'associazione culturale apartitica onlus Riprendiamoci la Sardegna, «attraverserà e dividerà in due l'isola con un condotto di circa 120 centimetri di diametro. Ci vorranno quasi 20 anni per costruirlo, quando in Algeria è stimato che ci sia gas per 25». Ma non è tutto: «Dovrà avere come minimo 40 metri di larghezza per il passaggio; attraverserà fiumi e laghi; avrà una profondità nel mare fino a 2.800 metri e per la sua realizzazione saranno espropriati terreni, il cui valore scenderà del 90%. E il rischio incidenti è altissimo. Ma la cosa più sorprendente è che, alla Sardegna, non verrà concesso neanche un litro di gas».
OPERA NELL'INTERESSE DELLE MULTINAZIONALI. Un'opera faraonica, «che di fatto agevola gli interessi delle multinazionali del settore e gli appalti miliardari per imprese e cooperative (ovviamente bipartisan) d’Italia, come purtroppo la regola vuole che avvenga in Sardegna», ha scritto nel suo blog Zuncheddu. «Basta, con la speculazione sulla nostra povertà da parte di chi (pubblico e privati) l’ha generata e sapientemente gestita per renderci sempre più succubi del padrone di turno».

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