Il progetto che intendono imporre alla Sardegna non prevede solo la mitica "dorsale", cioè i tubi in cui dovrebbe passare il gas (oppure, a detta di qualche mala lingua, nel caso in cui il gas finisse o diventasse troppo costoso: LA BIRRA), sono previsti anche altri impianti di cui, allegramente, si evita di descrivere le caratteristiche. Si tratta di depositi costieri e di rigassificatori.
Sono 7 i DEPOSITI COSTIERI previsti nel progetto di "metanizzazione" della Sardegna.
Nella normativa europea tali impianti vengono
definiti "a rischio di incidente rilevante"
(direttive n. 82/501/CEE, n. 96/82/CEE, n. 2003/105/CE, 2012/18/UE). Uno di questi depositi, che sarebbe stato già autorizzato, è previsto nella zona di
Cagliari. Silos per 20.000 metri cubi di gas naturale destinati a
Cagliari e alla zona industriale di Macchiareddu.
Avete pensato alla malaugurata ipotesi di un incidente? Pensateci bene, anche perchè coinvolgerebbe inevitabilmente il porto canale, Macchiareddu,
parte di Cagliari, l'aeroporto di Elmas e la S.S. 195.
Vogliamo parlare dei RIGASSIFICATORI?
Il progetto che vorrebbero realizzare in Sardegna ne prevede 2, a Sarroch ed a Porto Torres, andando ad incrementare ulteriormente, secondo l'autorevole opinione del Gruppo di Intervento Giuridico, l'insostenibile peso ambientale e sanitario gravante su quelle zone. Nella foto vedete l'unico rigassificatore in
funzione in Italia, quello di Panigaglia.
I rigassificatori emettono in atmosfera sostanze contaminanti.
Secondo uno studio dell’EPA,
l'Agenzia Americana per la protezione dell'ambiente, “le caratteristiche chimiche del metano e le interazioni
con l’atmosfera concorrono in modo significativo all’effetto
serra”. Il metano incombusto produce, a parità di peso, un
effetto serra circa 21 volte maggiore di quello prodotto dal biossido
di carbonio. Secondo uno studio del Comitato Scientifico del WWF-Trieste, alle dimensioni attuali il rigassificatore di Panigaglia
immette in atmosfera 174,3 tonnellate annue di NOx (sigla che identifica gli ossidi di azoto e le loro
miscele). Alle emissioni "normali" vanno aggiunte le inevitabili "fughe
di gas" da valvole, pompe, compressori, etc.,
stimate in 52,41 t/anno. Lo studio parla di danni importanti all'habitat marino,
di distruzione di plancton e larve, della selezione operata a
favore di specie batteriche resistenti al trattamento con cloro, del
rilascio di sostanze tossiche ivi compreso il cloro libero residuo. Queste ed altre sostanze rientrano nella lista delle sostanze più a rischio per il comparto
acque. Sono tossiche, in parte persistenti e mutagene. Si accumulano
nei lipidi e vengono trasmesse lungo la catena alimentare. Si tratta peraltro di endocrine disruptor, agenti ad azione ormonale o in grado di alterare il sistema endocrino.
CHE GRANDE SCHIFEZZA!!!
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